Questa è dedicata a Cesco, estimatore del Manzoni e del suo romanzo che lui cita volentieri e, per via di una delle sue svariate attività, è un esperto botanico.
Da qualche giorno mi sono messo a rileggere i Promessi Sposi e vi ho trovato quello che a mio parere è un errore evidente, o meglio una incongruenza, che per di più viene ripetuta due volte nel giro di poche pagine. Faccio notare che, l’edizione che sto leggendo è annotata da Guido Bezzola che è stato un italianista molto noto e grande studioso del Manzoni ed il nostro Bezzola non annota niente circa i passi da me incriminati e dunque mi ritengo autorizzato a pensare che nessuno abbia mai notato le incongruenze di cui voglio parlarvi.
Al Capitolo I° è scritto chiaramente che tutta la storia inizia “sulla sera del giorno 7 novembre 1628” quando don Abbondio si imbatte nei due bravi che gli intimano di non celebrare il matrimonio tra Renzo e Lucia. Il giorno 8 novembre trascorre con l’incontro tra Renzo e don Abbondio; il ritorno di Renzo a casa di Agnese; la spedizione infruttuosa a Lecco dall’Azzecca-garbugli; l’arrivo di fra’ Galdino cui viene chiesto di chiamare padre Cristoforo; il nuovo ritorno di Renzo dalle donne. Il giorno successivo è il 9 ed inizia con padre Cristoforo che “il sole non era ancor tutto apparso all’orizzonte” (cioè di buon mattino), esce dal convento per recarsi dalle sue protette e sentito del rifiuto del curato decide, seduta stante, di andare da don Rodrigo a cercare di farlo desistere; per l’ora di pranzo è al palazzo ed uscendo incontra il vecchio servitore che ha origliato e gli promette che gli farà sapere se ci saranno novità; esce dal palazzo e si accorge che “rimaneva ben poco del giorno” (era ormai sera); nel frattempo Agnese espone ai due fidanzati l’idea del matrimonio di sorpresa, contro la volontà del curato, e prima di notte c’è la spedizione di Renzo ad assoldare Tonio come testimone per l’impresa e poi ancora il ritorno di padre Cristoforo dalla sua spedizione infruttuosa ed il suo precipitoso rientro in convento. Il giorno 10 novembre infine è quello a cui volevo arrivare: vi avverrà il tentato matrimonio e contemporaneamente la spedizione dei bravi, capitanati dal Griso, allo scopo di rapire Lucia.
Ci troviamo nel capitolo VIII° e, ad un certo punto (siamo all’esterno del cortile di Agnese), Manzoni scrive che il Griso “visto tutto deserto e tranquillo di fuori, fece venire avanti due di quei tristi, diede loro ordine di scalare adagio il muro che chiudeva il cortiletto, e, calati dentro, nascondersi in un angolo, dietro un folto fico, sul quale aveva messo l’occhio, la mattina.” Sempre nello stesso capitolo VIII°, poche righe prima del celeberrimo “Addio monti sorgenti dall’acque”, Manzoni parla di Lucia che, dalla barca osserva il monte, scende con lo sguardo al suo villaggio e poi: ” scoprì la sua casetta, scoprì la chioma folta del fico che sopravanzava il muro del cortile”.
Dunque siamo alla sera tarda del giorno 10 novembre, l’autunno è molto avanzato e certamente ci sono già stati i primi geli e nonostante ciò per ben due volte Manzoni descrive la “chioma folta di un fico”. La cosa non è possibile perchè io credo che il Fico sia tra i primi alberi, in autunno, a perdere le foglie ed a quella stagione così avanzata, se mai fosse rimasta qualche foglia fra i rami, certo non ci sarebbe potuta essere nessena “chioma folta”.
Che ne dite voi?
Ciao
Ambrogio